
Gianfranco Sacchetti appartiene, a pieno titolo, al movimento dell’informale bolognese, che trova, tra l’altro, nomi di prestigio come Mario Nanni, Mattia Moreni e Vasco Bendini.
Con le prime pitture, Sacchetti desidera reinterpretare i ricordi dell’infanzia trascorsa nella sua casa di Budrio (BO), quando restava incantato a fissare per ore gli affreschi che ne impreziosivano gli antichi soffitti ad arco. Quindi è inevitabile che, come la maggior parte degli artisti contemporanei, le prime opere sono caratterizzate da una sicura predominanza del figurativo.
La sua produzione artistica inizia nel 1973 e si caratterizza come arte di rottura e di costante attenzione al rapporto, quasi esclusivo, con la materia e le sue inevitabili provocazioni strutturali e plastiche. Il suo mondo non è quello della rappresentazione, ma della proiezione interiore, che trova nella materialità della composizione artistica, motivi di nuove indagini e di soppressione dei limiti stereotipati della tradizione dell’estetica e delle condizionanti elucubrazioni delle esperienze metafisiche.